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Spread cos'è? BTP bund cosa sono? Garanzie conti sui correnti, dati e analisi

Il segnale che secondo parte del mondo politico italiano avrebbe dovuto scatenare la nuova fiducia dei mercati sul Belpaese, ossia l’annuncio delle dimissioni del premier Silvio Berlusconi, non ha di fatto sortito alcun effetto. Quello che era successo con Spagna prima e Grecia poi, cioé l’allentamento delle pressioni dei mercati in seguito alle dimissioni di Zapatero e Papandreou, non è ancora avvenuto in Italia. I motivi? Una persistente sfiducia verso la politica che, sia in caso di nuovo voto, sia in caso di governo tecnico, sembra annaspare di fronte ai diversi provvedimenti richiesti a gran voce da mercati ed Ue.


PARTIAMO DALLO SPREAD – Nelle ultime settimane il termine “spread” è probabilmente secondo solo a “Facebook”. Dovunque andiamo lo sentiamo nominare, su qualsiasi canale televisivo o programma radiofonico si parla di questo differenziale, su Internet è nei titoli delle notizie da prima pagina. Ma di cosa si tratta?

  • Spread, che in inglese significa espansione, apertura, ampiezza, in gergo economico-finanziario non è altro che il differenziale tra il tasso di rendimento di un’obbligazione e quello di un titolo privo o a bassissimo rischio, e che viene preso come benchmark, ossia come riferimento.
  • Nella cronaca dei mercati lo spread indica lo scarto esistente tra il Bund tedesco, emissione più solida d’Europa, e i titoli di stato di paesi che presentano rischi più elevati.
  • Di conseguenza, lo spread diventa una misura del rischio finanziario associato all’investimento nei titoli, nel recupero del credito da parte del creditore: maggiore è lo spread, maggiore sarà il rischio connesso all’acquisto di titoli.


BTP E BOT: DI COSA SI TRATTA – Trattando il tema dello spread abbiamo fatto riferimento al Btp, ma di cosa si tratta? Cosa rappresenta?

  • Il Buono del Tesoro Poliennale (Btp) rappresenta un certificato di debito con scadenza maggiore dei dodici mesi. Vengono emessi dallo Stato Italiano e presentano scadenza di 3, 5, 10, 15 o 30 anni. Le cedole, ossia gli interessi, sono annuali e vengono pagate semestralmente.
  • Ad esempio, un Btp che oggi rende il 7% pagherà due cedole semestrali pari al 3,5% l’una. Il rendimento è dato non solo dal tasso fisso della cedola, ma anche dalla differenza tra il prezzo di emissione e quello di rimborso.
  • Diversi dai Btp sono invece i BoT, Buono Ordinario del Tesoro: si tratta di titoli senza cedola (in gergo chiamati zero-coupon bond) che presentano durata non superiore ai dodici mesi. Sono emessi dal governo italiano ed hanno lo scopo di finanziarne il debito pubblico.
  • Il valore di rimborso del BoT coincide con il valore nominale del titolo; il rendimento coinciderà quindi con la differenza tra il valore di rimborso (valore nominale) ed il prezzo di emissione (sotto la pari).

 

LE CONSEGUENZE SUL RENDIMENTO – Lo spread comporta, inevitabilmente, conseguenze su quello che è il rendimento di un titolo:

  • Il rendimento atteso o richiesto può salire o scendere in funzione del grado di fiducia degli investitori verso il soggetto emittente: aumentando la fiducia, lo spread scenderà ed anche il rendimento richiesto sarà minore. Qualora la fiducia dovesse scendere (ed è questo il caso attuale), il rendimento che gli investitori richiedono per acquisire quel titolo è maggiore e, quindi, lo spread subirà bruschi passi all’insù.
  • Uno spread troppo elevato farà lievitare gli interessi passivi, rendendo più complicata  l’emissione di un nuovo debito e, comunque, compromettendo il rating, ossia il giudizio di solvibilità del soggetto che emette tali titoli.
  • Uno spread molto elevato e, quindi, tassi di rendimento troppo alti sui propri titoli, generalmente conducono l’emittente a dover adottare misure di riduzione della spesa pubblica piuttosto che di aumento della tassazione (esattamente quanto fatto dall’Italia tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno) e, qualora queste misure non portassero a risultati concreti, dichiarare l’insolvenza, il fallimento o la bancarotta.
  • Ovviamente gli interventi di riduzione della spesa pubblica o di aumento della tassazione sui cittadini, provocano una riduzione del loro reddito che genera una contrazione dei consumi ed una crescita economica sterile, inserendo il Paese in una sorta di circolo vizioso dal quale è veramente difficile uscire.

 

SPREAD: UN ESEMPIO – Poniamo di trattare un Btp che presenta una certa scadenza, a titolo esemplificativo non ci interessa dire se è biennale, quinquennale o decennale.

  • Ipotizziamo che il suo rendimento sia del 7%, mentre il corrispettivo Bund Tedesco (titolo di Stato della Germania), con la stessa scadenza, abbia un rendimento del 3%.
  • Il differenziale tra i due rendimenti, che rappresenterà lo spread, sarà di 4 punti percentuali, ossia 400 punti base.
  • Questo significa che l’Italia, godendo di minore fiducia da parte del mercato rispetto alla Germania, per poter allocare i propri titoli dovrà corrispondere interessi maggiori rispetto a quanto fa lo stato tedesco, pari a 400 punti base.
  • ciò provocherà che, a fronte di un’emissione complessiva (sempre a titolo esemplificativo) di 100 milioni di euro, la Germania pagherà 3 milioni di euro di interessi, mentre l’Italia ben 7 milioni.
  • Le ripercussioni? Molto semplice: essendo i Titoli di Stato una delle modalità che un Paese ha per finanziarsi, le conseguenze di una crescita dello spread ricadono nei maggiori costi che lo Stato deve sostenere per tale finanziamento.
  • Proviamo ora a traslare l’esempio riportato dalla parte dell’acquisto di una casa: abbiamo contratto un mutuo (ipotizziamo che possa equivalere all’emissione di Titoli di Stato) e dobbiamo corrispondere alla banca (ipotizziamo che sia l’equivalente di coloro che sottoscrivono Btp) degli interessi: preferiremo dover corrispondere interessi pari al 2,5% o al 7%? Inoltre, se dovessimo corrispondere interessi pari al 7%, ciò cosa comporterebbe? La risposta vien da sé.

 

LO SPREAD: ANALISI DEGLI ULTIMI MESI – Una volta capito cos’è e come funziona lo spread, andiamo ad analizzare cosa è successo negli ultimi mesi confrontando la situazione dell’Italia in rapporto con la ben solida Germania.

  • Il 3 dicembre 2010: lo spread tra Btp e Bund era pari a 162 punti base; il 23 giugno 2011 il differenziale è salito a 207 punti base; il 1 agosto 2011 è cresciuto a 344 punti base, per scendere poi nuovamente ed attestarsi sotto i 300 punti base al termine del mese.
  • Un mese fa, il 10 ottobre 2011, lo spread Btp-Bund era a 357 punti base, mentre nella giornata di ieri è arrivato fino a quota 570.
  • La giornata di ieri ha fatto sì che, per la prima volta dal 1997, tutte le scadenze dei Buoni Poliennali del Tesoro (Btp) abbiano superato un rendimento del 7%, visto a livello internazionale come un limite da non superare per evitare di marciare verso una situazione di fallimento.
  • I motivi di questa crescita continua? Un debito pubblico alle stelle, una instabilità politica ed una crescita economica difficile da perseguire: queste sono solo alcune delle cause che hanno generato la corsa al rialzo dello spread nelle ultime settimane.

 

INVERSIONE DI TENDENZA NEI TITOLI DI STATO – Da segnalare anche l’inversione di tendenza dei titoli di Stato: le scadenze a due ed a cinque anni sono state scambiate ad un tasso superiore rispetto a quelle decennali. Cosa significa? Ve lo diciamo subito:

  • Il fatto che gli investitori si attendano un rendimento maggiore nel breve periodo rispetto a quelli a medio/lungo termine si traduce in una semplice affermazione: il default è prossimo.
  • Il segnale è pericolosissimo: Grecia, Irlanda e Portogallo hanno fatto ricorso ai fondi di emergenza Ue e Fmi proprio a fronte di rendimenti superiori al 7% e proprio quando hanno visto invertirsi la curva dei rendimenti tra i titoli a 5 ed a 10 anni.
  • In chiusura della giornata di ieri, il biennale scambiava il 7,38% contro il 7,27% del decennale.
  • A questo punto appare decisiva l’asta di lunedì 14 novembre, quando verranno collocati Btp quinquennali per un importo fino a 3 miliardi di euro. La volatilità è schizzata alle stelle, tuttavia ci saranno acquirenti pronti a sottoscrivere tali bond, nonostante le banche internazionali potrebbero non accorrere in massa.

 

SPECULAZIONE? ESATTAMENTE – Dietro questa mancanza di fiducia verso la politica interna, cosa c’è? Speculazione, solo e soltanto speculazione che, inevitabilmente, si accanisce dove trova terreno fertile, ossia dove l’instabilità interna lo permette.

  • Grandi investitori esteri e banche stanno giocando a quello che viene definito come “short selling”, ossia operazioni finanziarie attuate con l’intento di ottenere un profitto a seguito di un andamento ribassista delle quotazioni di titoli prezzati in una Borsa valori.
  • L’obiettivo di una strategia di questo tipo è vendere allo scoperto il titolo, ad esempio, al prezzo di 100 e, una volta che il valore sia sceso, ad esempio, ad 80, riacquistarla. Questo genera un profitto immediato di 20.

 

FALLIMENTO? NO, GRAZIE – L’idea che, nell’ambito dell’unione monetaria, l’Italia possa arrivare al fallimento, è impraticabile ed inarrivabile, tuttavia appare limpida la criticità della situazione.

  • Ad ogni modo teniamo a ricordare che, a seguito del fallimento della Lehman Brothers nel settembre del 2008, si è tornato a parlare in Italia della garanzia, valida per le persone giuridiche e fisiche, su conti correnti, depositi (anche vincolati), assegni circolari, certificati di deposito nominativi per un importo massimo di 103.291,38 euro, per depositante e per istituto di credito.
  • Tale cifra verrebbe restituita dal Fondo di Garanzia Interbancario, costituito grazie ad una quota relativa agli accantonamenti obbligatori di tutte le banche che hanno nel nostro Paese sede legale.
  • L’Italia garantisce i depositi dei cittadini italiani presso le filiali di banche con sede legale in Italia e situate nel nostro territorio. Non sono garantiti, almeno in prima istanza, i c/c degli italiani o di cittadini stranieri presso filiali estere di nostre banche, tantomeno i c/c di cittadini italiani presso filiali di banche estere presenti nel nostro territorio.
  • Di fatto poi, tramite apposite leggi di garanzia, il deposito viene garantito dallo Stato dove è localizzata la banca, e sarà poi detto Stato  a rivalersi sullo Stato dove l’istituto di credito ha sede legale.

 

LA QUESTIONE POLITICA – Una correlazione lineare tra situazione politica interna e fiducia dei mercati non esiste: se negli Usa, nel bel mezzo dell’estate scorsa, l’accordo sull’aumento del limite di spesa tra Democratici e Repubblicani per scongiurare l’ipotesi di un clamoroso default ebbe effetti positivi sul mercato, altrettanto non si può dire per le dimissioni posticipate, ma sicure e garantite, presentate dal premier Berlusconi al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

  • Chi indicava le dimissioni di Berlusconi come la “manna dal cielo” che avrebbe messo fine all’ondata di speculazione sul nostro Paese, si è sbagliato.
  • Nella giornata di ieri è successo esattamente il contrario: spread che è arrivato a sfiorare i 600 punti base, rendimenti volati sopra la soglia di “non-ritorno” del 7% ed inversione tra il tasso di interesse dei Bond a due e cinque anni rispetto al decennale.
  • Ed ora? Le ipotesi sono due: dar vita ad un governo tecnico capitanato da Mario Monti, nominato oggi Senatore a Vita dal Capo dello Stato o, in alternativa, ricorrere alle elezioni anticipate.

 

IL CIRCOLO VIZIOSO – Quale sarà, allora, il futuro? Con un debito pubblico che si aggira sulla cifra record di 1.900 miliardi di euro, con rendimenti sui propri titoli alle stelle e un pareggio di bilancio non ancora raggiunto, è evidente che il nostro Paese dovrà finanziarsi emettendo ancora debiti che, complici gli alti spread, saranno sempre più costosi da remunerare.

  • Dove si potrebbero prendere i soldi? Semplice: riduzione della spesa pubblica o aumento della tassazione. Quest’ultimo provvedimento provocherebbe una riduzione del reddito disponibile per le famiglie e, quindi, una flessione dei consumi che, a loro volta, genererebbero una crescita economica sostanzialmente nulla.
  • Una crescita economica stagnante ha, di riflesso, un influsso negativo sul Pil che, non crescendo a dovere, fa aumentare il rapporto con il deficit, riportandoci nel punto d’inizio della catena sopradescritta.
  • Proprio per scongiurare questo “cane che si morde la coda” servono riforme in grado di riportare la stabilità nei mercati e sui conti pubblici: serve fare cassa, ergo riforma delle pensioni, tagli alla spesa pubblica, tagli agli sprechi del Mezzogiorno, reintroduzione dell’Ici, patrimoniale ecc.
  • Queste riforme, come è evidente che sia, non riusciranno ad essere fatte né da un governo di destra né da uno di sinistra.  Il motivo? Nessuno vuole danneggiarsi introducendo riforme impopolari che prevedono sacrifici per i propri cittadini e, quindi, per i propri elettori.
  • Un governo tecnico potrebbe superare questo problema e farebbe in modo che, l’esecutivo successivo, possa poggiarsi su basi solide, riforme attuate e maggiore serenità dei mercati.

 

IL FUTURO PROSSIMO – L’Italia, al contrario di altri Paesi come Spagna o Portogallo, non ha particolari squilibri macroeconomici. Il problema da affrontare deriva unicamente dalla perdita di fiducia verso la politica. L’unico modo possibile per porre fine a questa situazione è quindi, ovviamente, riconquistare tale fiducia.

  • Essendo il nostro un Paese fortemente indebitato, quando si innesta questo meccanismo di sfiducia,  i tassi sul debito si alzano e lo Stato diventa fragile.
  • La fiducia si perde in un pomeriggio ma, inevitabilmente, ci vuole del tempo per riconquistarla; in soccorso ci viene il Tesoro americano che, per rassicurare gli investitori, ha sottolineato come: “I mercati devono avere fiducia che l’Italia andrà avanti con le riforme”.
  • Alcuni termini possono descrivere a dovere lo scenario che ci apprestiamo a dover affrontare: rigore, stabilità e sacrifici. È quest’ultima la parola che ci dovremo abituare a sentire sempre di più; tuttavia, per uscire da questo circolo malauguratamente creato nei decenni passati, tale via sembra l’unica alternativa possibile.
  • Non ci resta quindi che compiere detti sacrifici nella speranza che, una volta ritornati ad una stabilità politica ed economica, possano dar luogo ad un nuovo periodo di crescita economica.

Matteo Torti

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