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Pensione di vecchiaia anticipata, le novità della riforma Monti e gli esempi pratici per capirle

Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha modificato radicalmente il sistema previdenziale italiano. Gli aspetti sui quali ci si è focalizzati maggiormente sono la conversione immediata al sistema di calcolo contributivo per tutti, l’aumento più rapido dell’età di pensionamento delle donne del settore privato ed il superamento delle pensioni di anzianità.

IL DECRETO LEGGE 201 DEL 2011 – Equità e crescita: erano sicuramente questi i due termini maggiormente utilizzati dal Presidente del Consiglio, Mario Monti, durante i suoi primi giorni da premier.

  • Nel Dl 201 del 2011, il decreto ribattezzato “Salva-Italia”, c’è meno spazio per l’equità e più per i sacrifici.
  • Ed è proprio tale termine che ha attirato l’attenzione durante la presentazione al pubblico del Decreto quando, la titolare del ministero del Lavoro, Elsa Fornero, parlando della riforma previdenziale si è commossa specificando che la sezione “pensioni” è stata quella più dura da definire.

IL PIANETA PREVIDENZA – Dal primo gennaio 2012 il sistema pensionistico italiano si fonderà su due tipologie principali di pensioni: la pensione di vecchiaia e la pensione anticipata; fatti salvi, ovviamente, le varie forme come gli assegni di invalidità, le pensioni di inabilità e le pensioni ai superstiti.

  • Cancellata invece la pensione di anzianità con le sue quote ed il meccanismo delle “finestre d’uscita” che obbligava chi aveva raggiunto i requisiti ad attendere il traguardo della pensione e rimanere al lavoro per 12 o 18 mesi.

LA NUOVA PENSIONE DI VECCHIAIA – Si tratta della pensione che si ottiene con il raggiungimento della soglia d’età e con, almeno, 20 anni di contributi.

  • Nel 2012 gli uomini, sia autonomi che dipendenti, dovranno avere 66 anni di età; concretamente non v’è alcun aumento rispetto i 65 anni di oggi, dal momento che prima vigeva il meccanismo della “finestra” che costringeva ad attendere l’anno successivo. Anzi, vi è beneficio per gli autonomi che avevano una finestra di 18 mesi e che, con i 66 anni di età, si risparmiano 6 mesi di lavoro.
  • Per quanto riguarda le donne del settore pubblico, anch’esse dovranno aver raggiunto i 66 anni.
  • Diverso il discorso per le lavoratrici del settore privato: le dipendenti andranno in pensione a 62 anni, mentre le autonome dovranno aggiungere a quell’età altri 6 mesi. La soglia per le lavoratrici del settore privato salirà a 66 anni nel 2018, ai quali dovranno essere poi aggiunti gli incrementi per l’aumento della speranza di vita.
  • Discorso particolare meritano invece tutti coloro che hanno iniziato la propria attività lavorativa a partire dal 1° gennaio del 1996 e che già godevano del sistema di calcolo completamente contributivo: fatte salve le regole della pensione di vecchiaia sopraesposte, dovranno anche far valere almeno 20 anni di contributi. Altrimenti dovranno attendere i 70 anni ed un’anzianità retributiva di almeno 5 anni.

GLI ADEGUAMENTI – Nonostante l’obiettivo sia quello di uniformare i requisiti di età per la pensione di vecchiaia (obiettivo che sarà raggiunto nel 2018 quando l’età necessaria sarà di 66 anni e 7 mesi), ciò che continuerà a modificarsi saranno proprio i requisiti d’accesso a tutte le tipologie di pensioni, che si adegueranno in base agli incrementi della speranza di vita.

  • Il primo adeguamento arriverà nel 2013 e sarà pari a 3 mesi; mentre dal 2021 viene stabilito che l’età per la pensione di vecchiaia dovrà essere, almeno, pari a 67 anni.
  • Dopo i primi due adeguamenti triennali, 2013 e 2016, a partire dal 2019 l’adeguamento alla speranza di vita sarà biennale.

LAVORARE FINO A 70 ANNI – Ma c’è un’altra importante novità: i lavoratori potranno scegliere, ed in questo caso avranno diritto al mantenimento del posto di lavoro, se svolgere la propria attività lavorativa fino al compimento dei 70 anni.

  • Il motivo? Semplice, grazie ai coefficienti di trasformazione della pensione calcolati fino all’età di 70 anni, l’importo della pensione crescerà al crescere dell’età del pensionando.

LA PENSIONE ANTICIPATA – Con la “nuova” pensione di vecchiaia che rappresenta sicuramente l’aspetto preponderamente, le vie d’uscita alternative sembrano essere davvero poche, fatta eccezione per la pensione anticipata.

  • Dal 2012, per ottenere questo trattamento sarà sufficiente avere un’anzianità contributiva pari a 42 anni ed 1 mese per quanto riguarda gli uomini;  per il sesso femminile, invece, il requisito sarà di 41 anni e 1 mese. Il requisito, per le donne, crescerà di un mese all’anno per il 2013 ed il 2014.
  • Ma se la pensione è calcolata, anche parzialmente, con il metodo retributivo, sono però previste penalizzazioni per chi lascia prima dei 62 anni; infatti, la quota di pensione retributiva determinata fino alle anzianità contributive precedenti al 1° gennaio 2012, prevederà una riduzione dell’1% (anche se sembra che si stia andando verso l’annullamento delle penalizzazioni) per ogni anno di anticipo rispetto la soglia dei 62 anni.
  • C’è poi la possibilità per i lavoratori attivi dal 1° gennaio 1996 di conseguire la pensione anticipata all’età di 63 anni, a condizione che siano stati versati almeno 20 anni di contributi effettivi.

E LA “QUOTA 96”? NON C’E’ PIU’ – La famosa “quota 96” (esempio 61 anni di età e 35 di contributi), nel corso del 2012, non varrà più: chi raggiungerà questa quota nel prossimo anno, rientrerà nella particolare categoria restrittiva prevista dall’articolo 24 del Dl del 6 dicembre 2011.

  • Costoro non potranno più accedere al pensionamento di anzianità che, con la manovra Monti, scompare.
  • In questa situazione, quindi, non resterà che attendere la pensione di vecchiaia al compimento dei 66 anni di età, più gli adeguamenti legati alla speranza di vita che scatteranno dal 2013.
  • Facciamo un esempio concreto di questo nuovo meccanismo: prendiamo un lavoratore di 60 anni che, nel 2012, raggiungerà i 36 anni contributivi. Con le regole vigenti fino al 31 dicembre 2011 sarebbe andato in pensione, a causa delle finestre, nel marzo del 2013. Con la riforma Monti invece dovrà aspettare sette anni, ossia quando avrà compiuto i 66 anni e 7 mesi utili per andare in pensione con la “vecchiaia” e/o i 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva.
  • I lavoratori con un’anzianitá contributiva di almeno 35 anni al 31 dicembre 2012, potranno andare in pensione anticipata a 64 anni. Mentre le donne potranno andare in pensione di vecchiaia a 64 anni se al 31 dicembre 2012 avranno almeno 20 anni di contributi e 60 anni d’età.
  • Un contentino per questo lavoratore: avrà una pensione un po’ più consistente.

LAUREA E SERVIZIO MILITARE: IL RISCATTO – Durante la scorsa estate il Governo Berlusconi aveva pensato ad una norma destinata a rendere non utili gli accrediti figurativi per il servizio militare e gli anni riscattati di laurea.

  • Nel decreto legge firmato Monti non vi è alcun riferimento a questo punto; pertanto questi accrediti non subiscono cambiamenti nell’ambito della manovra.
  • Traducendo: la contribuzione figurativa per servizio militare e per gli anni riscattati per il corso legale di laurea saranno considerati utili, ancora, sia ai fini della maturazione del diritto alla pensione, sia per la determinazione della misura dell’importo dello stesso.

RIVALUTAZIONE PENSIONI INPS – Aspetto molto importante per tutti coloro che alla pensione ci sono già arrivati, è la rivalutazione annuale in base al tasso di inflazione registrato nell’anno precedente.

  • Tale operazione, altresi chiamata “perequazione automtaica”, è oggetto di discussioni accese in questi giorni.
  • Per il 2012 e 2013, in base al decreto 201/11 (il Salva-Italia), le rivalutazioni saranno totali per le pensioni il cui importo non supera le tre volte il minimo Inps 2011: 18.229,77 euro lordi all’anno, ossia 1.402,29 euro mensili.
  • Non è invece concessa alcuna rivalutazione al di sopra di questa soglia.

 

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