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Giuliano Pisapia, sindaco gentile di Milano; ascesa ed operato. Le riflessioni di un cittadino sulla nascita e lo sviluppo del fenomeno arancione

PisapiaDi seguito la riflessione inviata da un cittadino alla nostra Redazione (redazione@cronacamilano.it). Il lettore, con malcelata ironia, esprime la propria opinione sul fenomeno dell’ascesa del sindaco Pisapia e sul suo operato. Di seguito il testo, riportato integralmente:

 

Tutto è cominciato una mattina, un paio d’anni fa. A Milano comparvero dei manifesti con una accattivante frase: “Milano, buongiorno”. E sotto una foto, l’immagine di un distinto signore che, per la verità, sembrava svegliato da poco. Quindi ai pendolari sembrava uno svegliato al loro stesso orario, ma alle più congeniali massaie di Montenapoleone, sembrava svegliato a mezzogiorno. Come loro.E così Milano, secondo l’orario di ciascun cittadino, si svegliò con il nuovo sindaco: Giuliano Pisapia.

 

Nato ricco, studi di prima qualità, la fama di un papà famoso che lo precedeva ad ogni passo. Ma con un aplomb talmente opaco, da lasciare dietro di sé ben pochi ricordi. Poi decise di candidarsi sindaco. E vinse. Una vittoria estremamente meritata. Per lui lavorò, con affetto e simpatia, tutto il centrodestra. Come un sol uomo, con la scelta del candidato, le sciocchezze della campagna elettorale, la vuota arroganza di alcuni suoi esponenti, gli diede una tale mano che, alla fine, questo personaggio inviso a nessuno e sconosciuto a tutti, depose le nobili terga sulla storica poltrona di palazzo Marino.
Ma anche lui, con il suo personaggio, per vincere qualcosa aveva messo. Due sono stati i cardini della sua campagna elettorale: parlare poco o, se necessario, dichiarare senza dire niente. Ma tutto, sempre, davvero sempre… in modo gentile.

 

Ed è qui che è nata e si è incardinata la grande idea politica del primo cittadino. Siccome era gentile lui, ha deciso che anche Milano era gentile. E se Milano era gentile, non lo potevano non essere i milanesi. Ma i milanesi, per lui, oltre a quelli dei salotti buoni che ha sempre frequentato, erano tutti. Davvero tutti. Ospiti, turisti, immigrati di vario genere. Sia quelli che lavorano, producono e si comportano come le leggi desiderano. Ma il suo pensiero snob, di massificazione totale, non poteva non integrare, tra i gentili, anche gli altri. Quelli che delinquono.
Non per nulla, si è scelto un assessore alla sicurezza che, solo a vederlo, comunica in modo deciso… un senso di insicurezza. Non si possono avere atteggiamenti duri, quando si è gentili.

 

Ma in giunta uno non molto gentile lo aveva. L’assessore Boeri. Questo, un campione di simpatia non era, ma di idee ne aveva parecchie. Magari un po’ frou frou. Ma, visti i modi del Boeri, anche per il nostro sindaco la gentilezza cosmica ebbe una battuta d’arresto. Lo cacciò a pedate dalla giunta. Come mai? Un’inversione di tendenza? Ma no, in fondo dire le cose in faccia e comunicarle con una suola delle scarpe, anche se virtuale, è un altro segno di gentilezza. Serve ad educare.
I mesi sono passati, e sono state prese tante decisioni. Gentili. Per dare una mano a chi viene a Milano a lavorare, un bel ticket d’ingresso in centro. Residenti compresi. Per incrementare la coesione delle famiglie e mettere tanto tempo a disposizione (da passare davanti al televisore) una mitragliata di domeniche senz’auto. Naturalmente tutto condito con frasi gentili e grandi sorrisi. Ma, come abbiamo detto, il sindaco è preceduto sempre dalla sua illustre ed ereditata fama. Dietro lascia poco. Per questo non si può pretendere che si accorga dei moccoli che la gente sottoposta alle traversie viabilistiche gli tira ad ogni passo. Tanto, che importa, per lui sono fatticelli che appartengono alla sua augusta storia. Mica al passato, come vale per tutti noi!

 

E per Pisapia Milano non solo è gentile. E’ pure sicura. Chi non farebbe una passeggiata in tranquillità in via Del Gesù o in Sant’Andrea? Quindi, via i militari in mimetica che pattugliavano le strade, avanti con i rapporti freddi con le forze dell’ordine. Che, è vero, sono deputate ad occuparsi di sicurezza. Ma già vederle, in divisa e con la pistola al fianco, si intuiscono come gente non gentile. Quindi Pisapia, con loro, non può avere a che fare un granché. Rischierebbe anche lui di sembrare poco dolce.

 

Ma, mentre lui si gentilizzava ulteriormente, in città è stato sempre più evidente il senso di insicurezza che continuava a pervadere le strade, specie nelle ore serali. Non si tratta di scomodare le statistiche. Magari i reati denunciati sono pure in diminuzione. Ma, probabilmente, i reati denunciati più quelli non denunciati sono in aumento. Quel che più conta, per vivere una città, è di sentirsi tranquilli quando si scende con il cane. Quando si fa una passeggiata in un parchetto, quando per un motivo o per l’altro, ci si deve recare in una periferia. Ma ormai tutto è infarcito con quella sensazione di scarsa tranquillità. Quella che i milanesi hanno imparato ad interpretare come il vero valore aggiunto della giunta delle gentilezze.

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Però, in una città, avvengono anche eventi improvvisi e imprevedibili. Quelli che, le persone gentili, chiamano inspiegabili. Ma che, per noi grossolani, sono facilmente spiegabili.
Un immigrato africano, evidentemente fuori di sé, una bella mattina di un giorno festivo ha deciso di girovagare con un piccone e di calarlo sulla testa di chi trovava. E non l’ha fatto dove abitano gli amici di Pisapia. Lo ha fatto in una zona dove i cittadini milanesi, poco occupati a perdere tempo nella scelta del modello di gentilezza da usare nel corso della giornata, tirano a campare in un modo sempre più critico. Scarsità di servizi, crisi economica e mancanza di lavoro sono il condimento della loro esistenza. Certo, la vicenda è stata tragica. L’uomo, fuori controllo, ha ucciso tre persone, e l’ho fatto in un quartiere dove l’insicurezza regna sovrana. Sarà stato pazzo, non abbiamo dubbi. Ma se fosse stato sano di mente e cattivo fino all’inverosimile, avrebbe usato proprio un piccone. E avrebbe scelto proprio quella zona.

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È chiaro come tutto questo non sia una colpa personale del sindaco. Ma non può essere neanche una diffusa colpa della società. La colpa è di chi amministra, di chi dovrebbe smetterla con la lagna degli uguali diritti, tanti e sostanziosi. Per tutti. Di chi, tra salotti, teiere d’argento e tovaglioli di pizzo, non ha mai capito che quando esistono i diseredati, i malati di mente, i disperati, di rimedi ci sono solamente due. Il primo, ed il più nobile, è quello di curarli, di seguirli e di controllarli. Per il bene loro e, specialmente, degli innocenti che hanno intorno. Il secondo è quello di isolarli o, come nel caso dell’africano in questione, rimandarli al proprio paese. Altro che casa d’accoglienza. Occorrono traghetti o case di cura psichiatriche. Occorrono strutture sul territorio o biglietti di sola andata. E di questo africano si sapeva tutto, era ricco anche lui, ma di precedenti penali.

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Era noto alle forze dell’ordine. Quello che, forse, i salottieri del centro non sapevano, è che viveva come un disperato, dormendo per terra in un cantiere. E che doveva trovarsi da mangiare passando le giornate in fila davanti alle mense dei poveri. Una situazione che farebbe sballare chiunque. Immaginiamoci gli effetti su chi è già sballato per conto suo!
Ma adesso, rileggendo queste righe, ci rendiamo conto che siamo i soliti di centrodestra, demagoghi e reazionari.

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La soluzione, non lo avevamo notato, era uscita dalla bocca del primo cittadino di Milano. Tutto è successo, siamo nell’era dei telefonini, perché la gente non ha telefonato. Non ha chiamato aiuto. Perché il sindaco, quello che le-ronde-non-mi-piacciono, è convinto che con un colpo di telefono, nel giro di pochi secondi, si materializzi la Volante. Non si è accorto che, magari, anche se allertata immediatamente, una pattuglia ci può mettere un po’ di tempo ad arrivare sul posto. Specie in una città che vede tanti, troppi, vigili impegnati a far divieti di sosta. E mai a multare chi non cede il passo alle sirene che sopraggiungono. Il primo cittadino, poi, con il suo senso etereo di contatto con il mondo esterno, non ha fatto i conti con la paura. Con il terrore che ha indotto la gente a scappare. Ad allontanarsi il più possibile da quel teatro di sangue. Secondo lui, tutti dovrebbero essere freddi professionisti, i quali, analizzata la scena, colloquiano col 112 dando tutti i particolari possibili. Per far capire che non si tratta di un malore per strada, o di una banale lite tra automobilisti. A nessuno viene spontaneo pensare a un folle che cala un piccone sulla testa dei passanti.

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Ed a noi, non viene spontaneo un moto di gentilezza quando chi rappresenta tutta la città, invece di limitarsi ad esprimere il dovuto cordoglio – sentito o meno che sia – e poi mettersi la testa tra le mani e chiedersi dove ha sbagliato, corre a lavorare di scaricabarile. Un’impostazione, la sua, vecchia di decenni. Partita negli anni ‘70 con la richiesta di disarmo delle forze dell’ordine. Ma nata ancor prima, nata da una generazione di sinistra che, perdendo la guerra come tutti gli altri, ha poi tentato di convincere il mondo che, invece, l’aveva vinta.
Forse sono troppe, queste righe, per commentare una banalità uscita da una mente non troppo allenata a frequentare e ad occuparsi dell’emarginazione e del dolore. Di quelli veri, non di quelli analizzati e pontificati ragionando sui sofà.

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Però alla fine, tutto sommato, qualche merito al nostro sindaco va riconosciuto. Per essere sinceri, ce ne viene in mente solo uno: quello della gentilezza.

 

Quindi, sindaco, sia gentile fino in fondo, faccia gli scatoloni, e se ne vada da Palazzo Marino prima e torni sui sofà. Si troverà meglio, ne siamo certi. Ma siamo ancora più certi che ci troveremo meglio anche tutti noi. Che, gentili, ci sentiamo di esserlo sempre meno.”

 

Maurizio G., destra.it

 

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