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Novità pensioni 2014: età, donne, calcolo, indicizzazione Istat, spiegazioni

EuroNon c’è pace per le pensioni. Non passa anno che non avvengano modifiche strutturali; dopo la storica riforma Fornero, anche il finale del 2013 ha riservato delle importanti novità per i pensionati italiani. E sempre in queste ultime ore si festeggia un compleanno poco nobile, il 40° ‘anno d’età’ delle babypensioni che ancora oggi ci costano, ogni anno, lo 0,4% del Pil. L’analisi di cronacamilano.it.

 

INIZIAMO DAL COMPLEANNO POCO NOBILE… – Marketing politico. E’ questo l’intento che da decenni fa da sponda ai decreti degli ultimi giorni dell’anno; il 29 dicembre del 1973, per soddisfare questa linea, il governo di Mariano Rumor diede avvio alla stagione delle baby pensioni destinate ai dipendenti pubblici.

– I vincoli per andare in pensione erano decisamente meno stringenti degli attuali: 14 anni, 6 mesi e 1 giorno per le donne sposate e con figli; 20 anni per gli altri statali e 25 anni per i dipendenti degli enti locali. E se a questi flebili contributi si aggiunge il fatto che allora si iniziava a lavorare a 15 anni, ecco che in molti andarono in pensione tra i 30 ed i 40 anni. Praticamente a metà della loro vita biologica.

– Un privilegio e un costo che ha pesantemente inciso sui bilanci statali. Le stime parlano di 7,5 miliardi di euro all’anno per soddisfare questo ‘capriccio’ legislativo figlio di un decreto del presidente della Repubblica, all’epoca Giovanni Leone.

– Oltre 100mila persone che, essendo andate in pensione prima di 40 anni, si trovano nel corso della loro vita ad incassare il triplo di quanto hanno versato. Il tutto a vantaggio di uno squilibrio previdenziale incredibile ed il tutto a danno delle generazioni future.

 

… E PROSEGUIAMO CON LE NOVITA’ PER I PENSIONATI – Bastone e carota; sembra essere questa la logica sottostante alle novità in ambito pensionistico che sono state introdotte con la Legge di Stabilità. Sono state ripristinate le indicizzazioni, ma il meccanismo è stato rivoluzionato (in peggio).

– Gli attuali pensionati devono fare i conti con un’indicizzazione tagliata e, eventualmente, con il contributo di solidarietà, mentre i futuri pensionati, specialmente le donne, vedono allontanarsi il requisito per ottenere la rendita di vecchiaia.

 

TORNA L’INDICIZZAZIONE – La bella notizia è questa. Dopo il blocco di due anni alle indicizzazioni, voluto dalla riforma Monti-Fornero di fine 2011, torna l’adeguamento al costo della vita per le pensioni con un importo mensile lordo superiore a 1.486 euro (pari a 3 volte il minimo).

– Il ritorno, però, è limitato visto che si applica solamente fino alla soglia delle 6 volte il minimo, ossia 2.973 euro lordi al mese. Gli aumenti dovuti all’indicizzazione, poi, saranno resi magri da un tasso di inflazione basso.

– Se il ritorno alle indicizzazioni è un aspetto positivo, resta la negatività della strutturazione di tale meccanismo. Indicizzazione pari al 100% per le pensioni fino a 3 volte il minimo; si passa al 95% per i cedolini tra 3 e 4 volte il minimo, al 75% per gli assegni pensionistici tra 4 e 5 volte il minimo ed al 50% per chi supera le 6 volte il minimo.

– Nella tabella sottostante riepiloghiamo il tutto:

 

IMPORTO (€)

AUMENTO

Fino a 1.487

100% Istat

+ 1,20%

1.487-1.982

95% Istat

+ 1,14%

1.982-2.478

75% Istat

+ 0,90%

2.478-2.973

50% Istat

+ 0,60%

Oltre 2.973

40% Istat

+ 0,48% (nel limite di 14,70 euro)

 

UN SIMPATICO ANEDDOTO – C’è da sottolineare che, come già visto parlando dell’addizionale Irpef del Comune di Milano, anche per l’indicizzazione pensionistica non c’è il meccanismo della franchigia.

– Cosa intendiamo? Molto semplice. L’aumento percentuale, stabilito da un apposito decreto a firma Saccomanni sulla base dell’andamento dei prezzi dei primi nove mesi del 2013, non è progressivo.

– Il calcolo, quindi, è molto semplice. Chi si trova ad avere una pensione lorda mensile di, esempio, 1.900 euro non avrà, come aumento dovuto all’indicizzazione, l’1,20% fino a 1.487 più l’1,14% sui 413 euro rimanenti (ottenuti come 1.900 – 1.487), ma un più netto + 1,14% sui 1.900 euro.

– La differenza tra i due sistemi c’è, anche se le cifre sono minime. Con il meccanismo della franchigia il 1.900 lordo avrebbe un aumento da indicizzazione pari a 17,84 + 4,71 = 22,55 euro. Con il secondo metodo, quello in vigore e da tenere in considerazione, l’incremento scende a 21,66 euro.

 

IL CONTRIBUTO DI SOLIDARIETA’ – Oltre all’indicizzazione, torna anche il famoso contributo di solidarietà. Il limite è stato fissato in 90mila euro, lo stesso che la Corte costituzionale aveva cancellato la scorsa estate. Questa volta sarà del 6/12% sugli importi mensili lordi superiori ai 6.936 euro.

– Eventuali nuovi giudizi di incostituzionalità, secondo il Governo, saranno superati dal fatto che alla base di questa misura c’è la motivazione di ridistribuire queste risorse a favore dei ceti più deboli.

– Il contributo è fissato nel 6% per la soglia di pensione compresa fra 14 e 20 volte il minimo (90.168-128.811 euro) e per il 12% fra 20 e 30 volte il minimo (128.811-193.217). Oltre le 30 volte il minimo, il contributo di solidarietà arriva al 18%.

 

DONNE: SI ALLUNGA L’ETA’ PENSIONABILE – Si torna a parlare della fatidica riforma Monti-Fornero. Se la prima sterzata all’innalzamento dell’età pensionabile per le donne venne data, nel 1993, da Amato, è stato il duo sopra menzionato, a fine 2011, ad avere radicalmente modificato la soglia anagrafica per il sesso femminile.

– L’età necessaria alle donne per andare in pensione è stata alzata, a partire dal 1° gennaio 2012, a 62 anni. Nel 2013 si sono aggiunti 3 mesi per via dell’adeguamento delle previsioni di vita, mentre nel 2014 si salirà a 63 anni e 9 mesi. E chi, nel 2014, non avrà ancora l’età dovrà accumulare almeno 42 anni e 6 mesi di contributi che scendono a 41 anni e 6 mesi per le donne.

– C’è una misera ancora di salvezza per le donne. Loro potranno scegliere fino al 2015 di andare in pensione a 57 anni di età con 35 anni di contributi; il prezzo da pagare è un calcolo dell’assegno pensionistico con il solo sistema contributivo e, quindi, un taglio del cedolino del 25-30%.

 

CHI ANDRA’ IN PENSIONE NEL 2014? – In un contesto così mutevole e così complicato, non si può non chiudere con qualche semplice numero che possa aiutare tutti a capire se potranno, o meno, andare in pensione nel 2014.

– Per ottenere la pensione di vecchiaia. Nel 2014 sono necessari 66 anni e 3 mesi per gli uomini, 63 anni e 9 mesi per le donne dipendenti e 64 anni e 9 mesi per le donne autonome.

– Se si vuole accettare la pensione anticipata, nel 2014, sono necessari 42 anni e 6 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi di contributi per le donne.

 

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