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Mini patrimoniale governo Renzi, aumento aliquote rendite finanziarie dal 20 al 26%. Spiegazioni ed esempi

euroChi pensava che la Tasi fosse la “mini-patrimoniale” del governo Renzi si sbagliava di grosso. Non perché quella misura non lo fosse, ma perché il rottamatore della sinistra italiana, dal 1° luglio 2014, ne serve una seconda. Da oggi, infatti, scatta l’aumento delle tasse sugli interessi finanziari: si passa dal 20 al 26%. Ecco quindi la seconda “mini-patrimoniale” dell’esecutivo guidato dal giovane leader del Pd; un leader giovane, che rottama i vecchi, ma li segue pedissequamente nelle misure da introdurre.

 

DAL 20 AL 26%: VIETATO CHIAMARLA PATRIMONIALE! – Una parola, un tabù. Vietato pronunciarla e vietato, per un qualunque politico italiano, lasciare che una misura di questo tipo venga veicolata con questa etichetta, “patrimoniale”.

– Va bene, ma in che altro modo si potrebbe chiamare la misura che scatta da oggi e che colpirà tutti i cittadini italiani che hanno investito o che investiranno i propri risparmi in conti deposito e in tutti gli altri investimenti italiani, ad eccezione dei titoli di Stato?

– Le aliquote sulle rendite finanziarie passano dal 20 al 26%. Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia, continua a sostenere che la stangata fiscale sulle rendite dovrebbe essere compensata dalla riduzione sulla tassazione del lavoro e delle imprese.

– Certo, ma per ora l’unico dato certo e concreto è l’ennesimo aumento delle tasse. Un aumento messo in campo proprio da quel governo che doveva ridurle, che doveva rivoluzionare la politica italiana, che doveva guidare il Paese verso l’uscita dalla crisi e dalla vecchia politica.

 

AUMENTA, NON AUMENTA O SI RIDUCE? – Un titolo che lascia presagire qualcosa di positivo. O forse no? Vediamo nel dettaglio cosa cambia e cosa no:

AUMENTA (si passa dal 20 al 26%): interessi da conti correnti bancari e postali, interessi da conto deposito, dividendi da azioni, plusvalenza da compravendita azioni, cedole da obbligazioni, plusvalenza da compravendita obbligazioni, plusvalenza da compravendita strumenti derivati, proventi da fondi comuni, proventi da gestioni patrimoniali, proventi da polizze vita.

NON CAMBIA (resta al 12,5%): interessi da titoli di Stato italiani ed equiparati, plusvalenza da compravendita titoli di Stato italiani ed equiparati, proventi da buoni fruttiferi postali.

SI RIDUCE (si passa dal 20% al 12,5%): interessi di enti territoriali di Stati non paradisi fiscali (white list), plusvalenze su titoli di enti territoriali di Stati non paradisi fiscali (white list).

 

SI ROTTAMANO GLI UOMINI, NON LE IDEE – Qualche dubbio sul titolo del paragrafo? Leggete qui sotto: quattro date, quattro avvenimenti, quattro personaggi, quattro misure, un’unica sostanza.

– 2011: Silvio Berlusconi moltiplica i bolli sui depositi titoli.

– Gennaio 2012: Mario Monti aumenta le aliquote dal 12,5% al 20% su titoli, fondi e conti deposito.

– Gennaio 2014: Enrico Letta aumenta l’imposta di bollo dallo 0,15% allo 0,20%.

– 1° Luglio 2014: Matteo Renzi aumenta le aliquote sulle rendite finanziarie dal 20% al 26%.

 

UN ESEMPIO PER SEMPLIFICARE – Per comprendere meglio il concetto, facciamo un esempio pratico:

– Partiamo dall’aver comprato un pacchetto azionario a 100 euro e che, ora, per semplicità di calcolo, ne vale 200. Quale impatto ha la “mini-patrimoniale” introdotta oggi dal Governo Renzi?

– Molto semplice: se fino al 30 giugno 2014 avevamo pagato 20 euro di imposte, da oggi ne pagheremo 26.

– Il percorso è molto simile a quello avvenuto tra il 31 dicembre del 2011 e il 1° gennaio del 2012, quando la tassazione su azioni, obbligazioni e fondi passò dal 12,5% al 20%.

 

QUALCHE DIFFERENZA – Il cambio dalla vecchia alla nuova aliquota prevede alcuni passaggi automatici ed altri che sono lasciati alla libera scelta del risparmiatore. Ovvero:

Redditi di capitale (dividendi, cedole e interessi dai conti correnti bancari e postali): l’aumento dal 20 al 26% è automatico e dipende dalla data di maturazione o, secondo i diversi casi, da quella di erogazione. Pertanto, un dividendo che sarà pagato il 30 giugno sconterà imposte del 20%, mentre quello pagato dal 1° luglio ne sconterà il 26%. Per i correntisti, nessuna “fregatura”: gli interessi maturati fino al 30 giugno saranno scontati al 20%, dopodiché si passerà al 26%.

Risparmio gestito (fondi comuni e gestioni patrimoniali): anche in questo caso il passaggio sarà automatico e sarà il gestore stesso a calcolare la parte di guadagni maturata con la vecchia aliquota e quella con la nuova.

Capital Gain (ciò che il Fisco chiama “Redditi diversi”): qui la scelta è dell’investitore. Si può affrancare il valore al 30 giugno pagando le imposte dovute fino ad allora definendo, dal 1° luglio, un nuovo valore di partenza dell’investimento. Si tratta di una sorta di vendita e riacquisto virtuale. La decisione, in questo senso, va presa entro il prossimo 30 settembre.

 

PADOAN: L’AVEVA PREDETTA LUI STESSO – Era il 18 febbraio del 2014 quando, durante la stesura del nuovo Governo, Pier Carlo Padoan veniva designato come nuovo ministro dell’Economia.

– Le sue prime parole riecheggiano ora, a distanza di quattro mesi e mezzo: “Le tasse che danneggiano di meno la crescita sono quelle sulla proprietà, come l’Imu, mentre le tasse che, se abbassate, favoriscono di più la ripresa e l’occupazione, sono quelle sul lavoro”.

– Una frase, una dichiarazione, una missione. Le tasse che secondo il ministro danneggiano di meno la crescita sono state implementate in toto: Tasi e mini-patrimoniale sulle rendite finanziarie.

– Adesso, ciò che si attende sono i provvedimenti che possano gratificare anche la seconda parte delle soprastanti dichiarazioni.

 

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Matteo Torti

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