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Gran Bretagna: vince Brexit, Cameron si dimette e le Borse crollano. Analisi

referendum Brexit Gran BretagnaE alla fine vinse la Brexit. 51,9% contro i 48,1% di chi voleva rimanere nell’Unione Europea. Le ore tra giovedì 23 e venerdì 24 giugno saranno ricordate nella storia europea come un momento storico, dagli scenari futuri ancora incerti. Ore che rischiano di cambiare indelebilmente la storia del mondo, non solo dell’Europa. Il primo ministro David Cameron si è dimesso, le Borse hanno fatto registrare performance peggiori al post 11 settembre. C’è il concreto rischio di vedere implodere 69 anni di costruzione comune, di voglia d’unione.
L’ANALISI DEL VOTO – 46,5 milioni di britannici sono stati chiamati al voto, il 72,2% si è recato effettivamente ai seggi per esprimere la propria opinione tra “leave” o “remain”.
– Se alla chiusura dei seggi tutti i sondaggisti davano in vantaggio i “remain”, alle 8.09 di ieri arriva l’annuncio della Bbc: “Brexit vince con il 51,9% dei voti. I sostenitori del Remain si fermano al 48,1%”.
– La scelta del popolo britannico è chiara, lo scarto tra i due schieramenti è di quasi 1,3 milioni di voti. Un trend diverso nel nord del Paese, con Londra e Scozia che hanno votato nettamente a favore del “remain”.
– Ma tolte queste due zone europeiste, il resto si è dimostrato concorde nel scegliere l’uscita dall’Unione Europea, con l’Irlanda del Nord unica altra eccezione in favore del “remain”.
– Analizzando la mappa del voto si capisce come Londra sia considerata distante dal resto del Paese, che dimostra come l’Inghilterra rurale si voglia opporre a quella metropolitana e finanziaria della City.
CAMERON SI DIMETTE, FARAGE RIVENDICA IL RISULTATO STORICO – E il risultato ufficiale del referendum innesca una serie di conseguenze, finanziarie ma anche politiche. Sono le 9.26 di ieri quando David Cameron annuncia la decisione di dimettersi da premier: “Ci dovrà essere un nuovo primo ministro eletto a ottobre che dovrà guidare i negoziati con l’Ue”.
– Un’ora prima, però, era già arrivato il commento di Nigel Farage, leader del partito euroscettico Ukip: “Ora c’è bisogno di un governo Brexit, che faccia il suo lavoro, che inizi subito il processo di rinegoziazione. L’Unione europea sta fallendo e altri Paesi seguiranno il nostro esempio come Danimarca, Svezia, Austria e anche l’Italia”.
– Di diverso avviso Donald Tusk, presidente del Consiglio Ue: “Non nascondo che volevamo un risultato diverso. Sono pienamente cosciente di quanto grave e anche drammatico sia questo momento politicamente. Non c’è modo di prevedere tutte le conseguenze politiche”.
LA REAZIONE DEI MERCATI – Pesanti anche le reazioni finanziarie, con lo spread a compiere il primo balzo: il differenziale tra Btp e Bund decennali tocca i 185 punti base rispetto ai 130 della chiusura di ieri, anche sulla scorta della Bank of England che annuncia di aver pronti “piani di emergenza” per gestire le conseguenze di questa storica decisione.
– In avvio crollano i futures sulle Borse europee con Piazza Affari che viene sospesa ad inizio seduta, per poi terminare la giornata con il tonfo peggiore della sua storia: – 12,48%, quasi il doppio delle perdite avute l’11 settembre del 2001, giorno dell’attentato alle Torri Gemelle.
– Il finale di giornata è un tracollo: tutti i listini europei scendono ampiamente sotto lo 0 con Londra che perde il 7,9%, Francoforte il 6,5% e Madrid l’11,7%.
INUTILE DARE LE COLPE A DAVID CAMERON – David Cameron paga il prezzo del liberismo: nel suo programma di governo aveva pubblicizzato il fatto che, pur essendo contrario, avrebbe lasciato spazio all’espressione popolare sul futuro della Gran Bretagna nell’Unione Europea.
– Nella sua strategia, probabilmente, sperava in una netta vittoria dei “remain” per dare una spallata, forse decisiva, a Nigel Farage, l’avversario anti-europeista e populista in forte ascesa. Cameron paga il prezzo della libertà, paga il prezzo del liberismo, dell’espressione e della consultazione referendaria.
E ORA? – La domanda è sulla bocca di tutti. Cosa accadrà nei prossimi giorni? Dirlo con certezza non è possibile; i dibattiti si scatenano, il precedente creato è inquietante. La vittoria del “leave” dimostra che il re, l’Ue, è nuda. Ora il futuro è scivoloso, è quanto mai in discussione.
– Chi sarà il prossimo ad indire una consultazione referendaria? Danimarca, Austria, Olanda, Ungheria, Repubblica Ceca. E se in Italia dovessero avere la meglio i Grillini, andremmo anche noi al voto?
– Le domande sono tante, le paure altrettanto, l’attesa di capire cosa sarà della Gran Bretagna, dell’Europa e dell’Unione Europea è molta. I mercati finanziari saranno sicuramente condizionati e la Banca Centrale Europea dovrà, anche in questo caso, stoppare ogni tentativo di speculazione.
– Jean-Claude Juncker sostiene che “l’Unione non finirà”, ma è bene fermarsi a riflettere? Si va avanti, per andare dove? Lunedì a Berlino si terrà un vertice tra Angela Merkel, Francois Hollande e Matteo Renzi. Tre leader alle prese con problemi interni e il futuro prossimo è da brividi: nel 2017 si vota in Germania e in Francia, nel 2018 nella nostra Italia, dove però a ottobre c’è il referendum costituzionale, caricato di “dentro o fuori” dal Governo Renzi.
– L’instabilità politica potrebbe diffondersi e dilagare nell’Europa e i partiti emergenti, euro-scettici, potrebbero vedere ampliata la propria base di voto e la propria importanza. La speranza è nella stabilizzazione, ma in una stabilizzazione ragionata, in una stabilizzazione che guardi avanti.
LE CONSEGUENZE POSSIBILI – Stabilità, economia, mercato unico e sterlina. Sono questi i fronti su cui si gioca il futuro della Gran Bretagna, dell’Unione Europea, dell’Europa, di tutto il mondo.
– Stabilità: è un tema che abbiamo trattato poco fa. Stabilità politica, ma anche economica; basti pensare che la Brexit era uno dei 5 scenari catastrofici per il 2016.
– Economia: qui l’ottica deve essere di medio – lungo termine; nel breve gli effetti potrebbero essere pressoché nulli, ma le aspettative potrebbero pesare molto di più sui mercati finanziari, con le banche centrali costrette a dover intervenire per evitare una ricaduta dopo lo shock inglese.
– Mercato unico: il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, aveva avvertito: “Un nuovo paradigma dovrà essere definito. Questo richiederà tempo e creerà incertezza. Nel breve termine non sappiamo il tipo di misure conservative che verranno adottate durante le negoziazioni. Ma immagino che i negoziatori britannici vorranno troncare le relazioni rapidamente perché questa è la decisione emersa dal referendum. Con il resto del mondo, le condizioni di scambio per i britannici sono condizionate dagli accordi commerciali siglati dall’Unione Europea. Ora, con la Brexit, il Regno Unito sarà escluso da tali accordi”.
– Sterlina: da un lato è vero che l’obiettivo di tutti, in questi ultimi anni, è stata la svalutazione della propria moneta; ma un conto è farlo coscientemente, un conto è arrivarci a causa di uno shock come questo della Brexit. Il calo di fiducia verso l’economia britannica e le sue prospettive porterà la Sterlina ad essere più vulnerabile.
ORA SERVE LEADERSHIP – Allargando la questione, come detto anche sopra, ciò di cui abbiamo urgentemente bisogno è di una nuova leadership che possa guidare l’Unione Europea nel superare questi subbugli da “popoli sovrani” evitando che la stessa possa implodere.
(foto: bitcoinwiki.co)

Matteo Torti

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