Cronaca

Amministratore arrestato da Gdf di Bergamo per bancarotta fraudolenta da 2 milioni di euro

La Guardia di Finanza di Bergamo, nell’ambito dei reati fallimentari, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. presso il locale Tribunale d.ssa Patrizia Ingrascì, nei confronti di un uomo di 48 anni nato a San Giuseppe Vesuviano (NA) per bancarotta fraudolenta, reato punito con la reclusione da 3 a 10 anni. L’uomo è attualmente già detenuto in carcere in quanto arrestato dalla DIA di Napoli lo scorso dicembre per le indagini condotte in quella sede dalla DDA che lo ha considerato il “volto” imprenditoriale dell’associazione criminale, dedito al riciclaggio di denaro attraverso l’infiltrazione nel tessuto economico ed imprenditoriale bergamasco.

 

L’INIZIO DELLE INDAGINI – Le indagini delle Fiamme Gialle bergamasche, dirette dalla d.ssa Monia Di Marco, Sostituto presso la locale Procura, sono state avviate agli inizi del 2012 a seguito del fallimento di una Srl,  avvenuto nel giugno del 2011.

 

L’AMMANCO DI QUASI 2 MILIONI DI EURO – Le stesse, condotte su tutto il territorio nazionale, hanno consentito di delineare un articolato ma univoco quadro probatorio idoneo a dimostrare la sottrazione dal patrimonio della società fallita di ingenti somme di denaro, fino ad ora accertate in 1.854.966 euro.

 

IL RAPPRESENTANTE LEGALE, DECEDUTO – Rappresentante legale della società era un uomo deceduto l’8/7/2011; di fatto, però, la stessa veniva gestita dal 48enne napoletano, che curava i rapporti con i clienti/fornitori e con i funzionari degli Istituti di Credito presso i quali la società deteneva i propri conti correnti.

 

LE SPESE PERSONALI CON LE CARTE DI CREDITO SOCIETARIE – Inoltre lo stesso utilizzava carte di credito, formalmente intestate all’amministratore di diritto (deceduto) e collegate ai conti correnti della fallita, per acquisti personali (quali ad esempio oggetti di valore o rifornimenti di carburante delle autovetture da lui usate) per un ammontare di € 13.162 così come il prelevamento di denaro contante per importo di € 591.285 privo di qualunque giustificazione.

 

I PRESTANOMI – Dall’attività di indagine, infine, è emerso anche che l’indagato gestiva una pluralità di società (alcune delle quali fallite con modalità pressoché identiche), avvalendosi, quali amministratori di diritto, di prestanomi compiacenti le cui posizioni sono tutt’ora al vaglio degli inquirenti.

 

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Di Redazione

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