Cronaca

Banda del Corvetto Milano, il “romanzo criminale” meneghino, quando la passione per la bella vita è più forte di tutto

banda del Corvetto, MilanoUn’operazione chiamata “Corvetto Criminale”, in riferimento al celebre romanzo del giudice Giancarlo De Cataldo e ispiratore di un film di successo prima, e di una serie televisiva di culto poi. Quel “Romanzo Criminale” che ricalca, seppur tra invenzioni  letterarie, le efferate gesta della Banda della Magliana, il manipolo di criminali che sul finire degli anni 70 e 80, collaborando con mafia e camorra, mise a ferro e fuoco la Capitale. Una storia che stando a quanto emerso nelle scorse ore, oltre a De Cataldo deve avere ispirato anche gli otto componenti della “banda del Corvetto”, sgominata dagli agenti del Commissariato Mecenate sul finire della scorsa settimana.

35 REATI TRA SETTEMBRE 2013 E MAGGIO 2014 – Cinque di loro erano già finiti in carcere lo scorso 5 maggio. A incastrarli era stato il Key Crime, il rivoluzionario software elaborato dalla Questura di Milano in grado di prevedere le mosse dei criminali in base al loro modus operandi. Per i restanti tre, invece, ci è voluto un po’ più di tempo. Ma alla fine l’operazione ha dato i frutti sperati Gli arrestati dovranno ora rispondere di ben 35 reati, commessi tra settembre 2013 e maggio 2014. Anche se per gli inquirenti, gli episodi attribuibili alla gang potrebbero essere molti di più: un centinaio, forse, o poco meno.
– Tra le loro vittime preferite, comuni cittadini ma anche banche, farmacie, sale slot, supermercati e sportelli bancomat. Dopo mesi di indagini, gli investigatori sono riusciti a risalire agli otto malviventi e a tracciare un loro profilo. Quello che ne è emerso è il ritratto di ragazzi qualsiasi, ma pronti a tutto in nome del dio denaro.

UN’UNICA GRANDE PASSIONE: QUELLA PER LA BELLA VITA – Marietto, Costa, Anthony, Eddi, Binnu, Belle Cose. Nomi di battaglia con cui alcuni membri della banda, tutti tra i 20 e 39 anni, cercavano di imitare, più o meno consciamente, le gesta dei ben più noti Franco Giuseppucci (detto “Fornaretto” o “Er Negro”) e Maurizio Abbatino (detto Crispino), due tra i capi della Magliana che, in tempi di serie tv, i più giovani hanno imparato a conoscere, rispettivamente, come il “Libanese” e il “Freddo”.
– Gli otto del Corvetto (zona d’azione prediletta insieme a Rogoredo e Santa-Giulia), provenivano da Milano, fatta eccezione per tre di loro di origini partenopee. Ad accomunarli due grandi passioni: il poker e il gioco d’azzardo. Il tutto, come si conviene a dei provetti criminali, coronato da buon cibo e belle donne.

COLPI ESCOGITATI DOPO LE PARTITE DI CALCETTO – La “bella vita”, finché è durata, era fatta anche di passioni più semplici, comuni a quelle di tanti loro coetanei. Come le frequenti partite a calcetto, per esempio, al termine delle quali, al riparo degli spogliatoi, venivano escogitati i futuri colpi e diramati gli ordini.
– Direttive che partivano, secondo gli investigatori, direttamente dal “Costa”, di 32 anni – con un passato in Calabria e numerosi precedenti – vero ideatore della banda, in grado di federare diversi rapinatori indipendenti di strada, dando origine a una gang strutturata e organizzata, con ruoli e incarichi ben definiti. A spalleggiarlo c’era “Binnu”, un nomignolo mutuato niente meno che dal superboss Bernardo Provenzano. I colpi erano sempre preceduti da numerosi sopralluoghi per non lasciare nulla di intentato. Ad ognuno il proprio incarico. Una volta deciso come operare, i due capoccia fungevano da pali, mentre ai restanti  membri toccava il lavoro sporco, spesso portato a termine con l’uso delle armi.

200.000 EURO RAZZIATI IN POCHI MESI DI ATTIVITÀ – Il bilancio dei primi loro tre mesi di  attività è impressionante: gli inquirenti parlano di ben 21 rapine e 15 furti aggravati messi a segno con una media di uno ogni tre giorni. In poco tempo, si calcola che siano stati circa 200 mila gli euro intascati dal gruppo. Soldi destinati nella maggior parte dei casi a soddisfare i propri vizi.

QUEI PROFILI FACEBOOK SPAVALDI E SPREZZANTI – Personalità spavalde, s’è detto, alla costante ricerca del brivido e dei piaceri effimeri. E pronte a disconoscere la cosiddetta normalità e il rispetto della legge. Come si evince anche dai loro profili Facebook, spesso irriverenti e infarciti di luoghi comuni (“chi è senza peccato fa una vita di merda”; “sempre bene non può andare e sempre male non può durare”; “Se vuoi provarci, fallo fino in fondo, altrimenti non iniziare”) o messaggi di solidarietà per i “colleghi” finiti in carcere. Ma anche eloquenti fotografie. Come quella postata su Facebook da “Belle Cose” (soprannome dovuto alla sua passione per le cose di lusso), ritraente una pila di banconote e corredata dalla didascalia “i soldi non fanno l’uomo ma è l’uomo che fa i soldi”.

I CAPI D’ACCUSA – Per loro, ora, si profilano tempi duri. Escluso il reato di associazione a delinquere, dovranno rispondere, tuttavia, di furto, rapina ma anche del sequestro del vigilante dell’Esselunga di via Giovanni da Cermenate, avvenuto lo scorso 24 aprile nel corso di una tenta rapina. In quell’occasione, l’uomo venne legato. Poi, però, l’arrivo di un camion carico di merce rovinò i loro piani obbligando parte della gang a scappare con l’auto dello stesso vigilante.

S.P.

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