Cultura e Società

Milano sempre più preda del graffitismo selvaggio. Cosa dice la legge, cosa già si fa e cosa c’è da fare

murales-graffitiMilano capitale del graffitismo vandalico. No, non è il solito titolo sensazionalistico, ma una spiacevole realtà. Basta percorrere una qualsiasi strada cittadina per farsene un’idea. Una giungla urbana in cui non c’è muro, saracinesca o elemento di arredo civico che non siano stati sottoposti all’imbrattamento selvaggio. E non ci riferiamo ai murales, spesso vere e proprie opere pittoriche, dipinti negli spazi messi a disposizione dal Comune in giro per la città. Ma alle variopinte e grossolane scritte cubitali, agli adesivi o, più spesso, a quegli scarabocchi indecifrabili noti come  “tag”, sorti un po’ ovunque nella totale illegalità. Una rivendicazione identitaria – come la definiscono i sociologi – di pseudo-artisti dell’ultima ora che costringe l’amministrazione cittadina a un continuo esborso di denaro pubblico, nel tentativo di arginare un’indubbia manifestazione di inciviltà e degrado.
VANDALI IN AZIONE SULLA DARSENA – È ciò che è avvenuto, per esempio, nel weekend appena trascorso in zona Navigli. Squadre comunali del Nuir, il Nucleo interventi rapidi del Comune di Milano, si sono messe al lavoro per ripristinare i muri della Darsena, utilizzati nelle ultime settimane a mo’ di lavagna da parte di alcuni vandali. Una delle scritte, lunga oltre dieci metri, sarebbe stata realizzata – si legge in un comunicato di Palazzo Marino – utilizzando vernici particolarmente impregnanti e aggressive che hanno finito col rendere più complicato (e costoso) del previsto il lavoro di pulitura, nonostante i preventivi trattamenti antigraffiti alle pareti.
IN BARBA ALLA LEGGE – Pensare che la legge parla chiaro. “Chiunque, fuori dei casi preveduti dall’articolo 635, deturpa o imbratta cose mobili o immobili altrui – recita l’articolo 639 del Codice penale –  è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a 103 euro”. Certo, una bazzecola se si rapporta questa cifra al danno arrecato in termini di costi (tra gli 11 e i 16 euro al metro quadro, il tariffario dell’Amsa, a seconda delle superfici da ripulire) e soprattutto d’immagine al capoluogo lombardo. Ma che non dovrebbe lasciare adito a dubbi sulla posizione della comunità, piaccia o non piaccia, riguardo la vandalizzazione dei luoghi pubblici.
ASSOCIAZIONE NAZIONALE ANTIGRAFFITI PER IL DECORO URBANO – Una piaga che non coinvolge solo Milano. Lo dimostra anche l’esistenza di un’Associazione nazionale antigraffiti per il decoro urbano, organizzazione apolitica senza fini di lucro nata nel 2006, che vive grazie al sostengo di soci e sponsor. Nei suoi primi 10 anni di vita ha ricevuto già numerosi  riconoscimenti di merito da diverse amministrazioni comunali di Milano, guidate dai sindaci Gabriele Albertini, Letizia Moratti e Giuliano Pisapia.
– L’Associazione, “conscia della differenza che intercorre tra graffito-opera d’arte e graffito-atto vandalico” – si legge sul sito Internet dedicato – si propone, “attraverso lo studio attento e la comparazione di diverse esperienze internazionali a riguardo (Los Angeles e New York su tutte, n.d.a.)”, di suggerire “proposte e soluzioni per contrastare gli effetti negativi” di quello che considera a tutti gli effetti un autentico  “fenomeno di degrado”. Fondamentale, tra le sue attività, anche la promozione di campagne civiche e iniziative rivolte a tutti i cittadini.
1.300 WRITERS SOLO A MILANO – Ma evidentemente questo non basta. Nella sola Milano, i writers in circolazione sarebbero più di 1.300. Un piccolo esercito armato di bombolette spray sempre più orientato, secondo gli esperti, al vandalismo. E che sembra  non fare distinzione tra facciate condominiali, serrande, monumenti, convogli ferroviari, mezzi dell’Atm e tutto quanto sia a portata di mano. L’ultima moda, a giudicare dalle condizioni di alcuni palazzi, pare sia quella di lasciare la propria tag il più in alto possibile, tanto da renderne ancora più proibitiva l’opera di rimozione.
– Bravate giovanili, verrebbe da dire, visto che gli imbrattatori, nella maggioranza dei casi, non hanno più di 25 anni. Peccato che allo stato attuale, secondo una recente stima di Assoedilizia, la cifra necessaria per ripulire completamente la città si aggirerebbe tra gli 80 e i 100 milioni di euro. Di questi tempi, un capitale.
SUPER MULTE E LAVORI SOCIALMENTE UTILI – Palazzo Marino, dal canto suo, da qualche tempo è sceso sul piede di guerra. Per fronteggiare il costante aumento dei vandali (molti dei quali, secondo gli ultimi fatti di cronaca, provengono anche dall’estero) ha introdotto una cosiddetta “super multa” da 450 euro per chiunque venga colto a imbrattare. L’alternativa è accettare di svolgere lavori socialmente utili a favore del Comune. Un esempio seguito in molti casi anche da altre città della Penisola.
– Qualcuno ha voluto usare maniere ancora più forti. Il giudice milanese Monica Amicone nel maggio 2015, con una sentenza storica, ha inflitto a 3 giovani stranieri (due belgi e uno svizzero), già arrestati due mesi prima per aver imbrattato alcuni treni della metropolitana milanese di San Donato, di risarcire l’Atm per il totale dei danni arrecati, circa 6 mila euro.
COMUNICAZIONE E PREVENZIONE – L’impressione, tuttavia, è che multe, punizioni esemplari o tentativi di legalizzazione, non servano a contenere un fenomeno che è dato in netto e costante aumento. E che, inutile nasconderlo, sembra quasi impossibile arginare. Allora, cosa fare per contrastarlo?
– “Una buona comunicazione è alla base di tutto”, racconta a Cronacamilano Andrea Amato, presidente dell’Associazione nazionale antigraffiti e per il decoro urbano e fondatore di Retake Onlus, il movimento spontaneo di cittadini attivo contro graffitismo selvaggio “per una città più bella”. Che sottolinea l’importanza di “prevenire, iniziando dalle scuole medie o, meglio ancora, dalle elementari. I bambini sono i primi a essere ricettivi a questi discorsi. A 7-10 anni hanno ancora un valore estetico molto simile a quello delle persone adulte, percependo l’imbrattamento come qualcosa di non bello. Ciò invece si compromette all’età di 12 anni, quando iniziano ad andare in giro a sporcare, imbrattare”.
– “E non bisogna vergognarsi della parola repressione – prosegue Amato – facendo rispettare regole che già esistono, da integrare magari con lavori socialmente utili, più volte suggeriti alle amministrazioni, coinvolgendo questi giovani in attività di volontariato, per ripristinare il bene che hanno sporcato”.
– “L’importante  – conclude il presidente dell’associazione – è non rimanere indifferenti. L’esperienza insegna che contrastare il fenomeno è utile. La recidiva si abbassa proprio laddove vengono compiuti interventi di pulizia. Sembra una banalità ma l’ambiente condiziona le persone”.

S.P.

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