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Norme Fair Play Finanziario, ecco cosa succederà concretamente alle società calcistiche italiane e alle loro disponibilità economiche

Perdite limitate a 45 milioni di euro per gli esercizi 2012, 2013 e 2014, ulteriormente da ridurre in 30 milioni di euro negli esercizi 2015, 2016 e 2017, porteranno le squadre, dal 2018, a dover dar seguito al pareggio finanziario. Ma cosa succederà in pratica?

 

IN SOSTANZA: CHI PIU’ GUADAGNA PIU’ SPENDE – Il ragionamento di fondo è uno solo: i club dovranno arrivare a spendere solamente quanto, in parte, guadagnano, fatto salvo il deficit fisiologico e non da ripianare individuato in 5 milioni di euro, considerando le entrate ed uscite virtuose menzionate nell’articolo precedente:

  • Quando leggiamo o sentiamo dire che il budget di calciomercato sarà pari al fatturato è sbagliato, in quanto i club devono sostenere diverse voci di spesa oltre agli acquisti dei giocatori.
  • L’indicatore che le società dovranno tenere maggiormente in considerazione è quello del rapporto tra fatturato e costo del lavoro; in Serie A è del 68% (di ogni euro incassato 68 centesimi sono destinati alla voce “emolumenti”); indicatore elevato in Premier League (67%), e poco più contenuto in Liga (62%) e Bundesliga (51%).
  • La conclusione di fondo è che a maggiori ricavi, e pertanto a fatturati più elevati, potranno essere associati investimenti più onerosi sul calciomercato per acquisire e stipendiare giocatori e, quindi, la maggiore possibilità di acquistare campioni e vincere in Europa.

 

CORNUTI E MAZZIATI – C’è poi un fattore che, specialmente i club italiani, devono tenere presente: non essendo proprietari degli stadi, le nostre società devono anche pagare l’affitto per l’impianto in cui disputano le partite.

  • Questo comporta che le nostre società sportive, oltre a non poter godere di ricavi derivanti dalla gestione dell’impianto sportivo, devono sostenere addirittura dei costi per utilizzarlo. L’esempio più chiaro è rappresentato da Milan ed Inter, costrette a versare un affitto di 7,5 milioni di euro annui al comune di Milano per usufruire di San Siro.
  • In questo modo le spese aumentano e, di riflesso, si riduce la parte di fatturato utilizzabile per il calciomercato.
  • In Italia solamente la Juventus è riuscita ad ovviare a questo problema, costruendo un proprio stadio di proprietà che genererà, oltre all’entrata commerciale derivante dal “naming right”, altre voci di ricavo. Ma anche di questo ne parleremo, più approfonditamente, in una prossima puntata.

 

QUINDI COSA SUCCEDERA’? – Il Fair Play Finanziario metterà fine agli acquisti folli ai quali abbiamo assistito negli ultimi anni:

  • Per qualsiasi squadra, specie per i club italiani che fatturano la metà di quelli inglesi o spagnoli, diventerà quasi utopico pensare di spendere cifre faraoniche come quelle versate dal Real Madrid per gli acquisti di Kakà e Cristiano Ronaldo.
  • Lo spread tra Italia e Spagna o Inghilterra, almeno inizialmente, aumenterà in quanto le nostre società avranno minori budget come concausa dei ricavi inferiori rispetto alle sorelle d’Europa.
  • La volontà di Platini è quella di evitare che investitori stranieri possano appropriarsi e gestire le società di calcio come un loro “giocattolino” imbottendole di debiti verso se stessi – come succede da qualche anno in Inghilterra – per poi, una volta stufi, lasciarle sull’orlo del precipizio senza alcuna possibilità di essere rivendute.
  • Queste normative metteranno fine anche al mecenatismo tipicamente italiano dei vari Berlusconi e Moratti che non potranno più ripianare le perdite di bilancio senza dar seguito ad un aumento di capitale.

 

LA PROSSIMA PUNTATA – E gli uomini di spicco della nostra Serie A come hanno accolto questo impianto normativo? Lo scopriremo nel prossimo articolo della nostra inchiesta sul calcio italiano.


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Matteo Torti

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