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Abolizione tassa prima casa Renzi, ma le coperture? Analisi

Matteo RenziLa dichiarazione è di quelle che fanno parlare, discutere, gioire e dubitare. “Dal 2016 toglieremo la tassa sulla prima casa”. Obiettivo realistico o propaganda, nemmeno poi così tanto sottile? L’Italia ha certamente bisogno di uno shock fiscale, ma trovare le coperture necessarie per rendere sostenibile questa misura sarà possibile?

 

DAL CONTRATTO AL PATTO CON GLI ITALIANI – “Nel 2016 elimineremo la tassa sulla prima casa”. Una dichiarazione che lascia pochi dubbi e pochi spazi all’interpretazione e all’immaginazione. Dal 2016 gli italiani non dovranno più sentir parlare di Tasi.

– Una vicenda, quella della tassa sulla prima casa, che negli ultimi anni è stata oggetto di discussione in tutti i governi. Nel 2008 fu Berlusconi ad abolire l’allora Ici, poi rimessa sotto il nome di Imu da Monti nel 2012. Letta ha collegato l’Imu con i servizi indivisibili e Renzi l’ha perfezionata. Insomma, oggi la Tasi sulla prima casa vale 3,4 miliardi di euro.

– L’annuncio di sabato di Renzi è un vero e proprio shock fiscale: “Se le riforme vanno avanti saremo in condizione di abbassare di 50 miliardi in 5 anni le tasse agli italiani. Se il Parlamento fa le riforme, nel 2016 via tutte le tasse della prima casa, Imu e Tasi. Nel 2017 via una parte importante della tassa Ires, nel 2018 scaglioni Irpef e pensioni”.

 

NON SOLO TASI… – Non solo Tasi quindi. Se la tassa sulla prima casa è solo la prima a cadere tra le grinfie di Matteo Renzi, sono molti altri i temi che il premier ha toccato in questo suo “Patto con gli Italiani”. Un patto da 50 miliardi di euro in 5 anni, un patto che tocca:

– Imu agricola: oltre alla Tasi, il 2016 sarà l’anno in cui abdicherà definitivamente anche l’Imu agricola.

– Imbullonati: se l’annuncio di Renzi dovesse trasformarsi in realtà, dal 2016 cesserà di esistere anche quella iniqua interpretazione delle norme catastali inserite nell’ultima Legge di Stabilità che prevede il prelievo sugli imbullonati, ossia quei macchinari “fissi” di una certa consistenza presenti in alcune imprese.

– Irap e Ires: qui si passa al 2017 e il quadro si fa meno chiaro. Sull’Irap potrebbe continuare il percorso iniziato con la Legge di Stabilità del 2015 che rende integralmente deducibile il costo del lavoro; per l’Ires, invece, potrebbe tornare in auge l’idea di introdurre per i piccoli imprenditori un’imposizione che sia proporzionale e separata dal reddito d’impresa.

– Aliquote Irpef: siamo nel 2018 e l’idea di Renzi sarebbe quella di attuare il Nens (Nuova Economia Nuova Società) proposta da Pier Luigi Bersani e Vincenzo Visco: 8 scaglioni che vanno dallo 0% (area di esenzione) fino a 8mila euro fino al 48% per redditi al di sopra dei 200mila euro, con un sistema di detrazioni fisse: 1000 euro per il lavoro dipendenti, 800 per i pensionati e 200 per il lavoratore autonomo. Con aliquote del 27,5% per i redditi fino a 15mila euro, 31,5% fino a 28mila e 42-43% oltre i 28mila.

– E chiudiamo con i pensionati, a cui il premier Renzi starebbe pensando di allargare il bonus degli 80 euro dato ai lavoratori dipendenti. Una misura che andrebbe a raddoppiare le risorse necessarie: dagli attuali 9,5 miliardi di euro ai 19,5 includendo anche i pensionati.

 

“LE OPPOSIZIONI DEVONO ESSERE FELICI” … – “I numeri per portare a casa questo risultato ci sono. Abbiamo già iniziato, la possibilità di farcela è evidente. Se ce la facciamo, e ce la faremo, le opposizioni dovrebbero essere felici se vogliono bene all’Italia”.

 

… SI’, MA LE COPERTURE? – Portare avanti un discorso di taglio dell’imposizione fiscale è aspetto, almeno in Italia, assolutamente prioritario e urgente. Così come appaiono prioritarie e urgenti riforme che aboliscano l’imposizione fiscale sulla prima casa. Ma il tutto non può che essere fatto tenendo conto delle coperture per rendere credibile e strutturale il taglio delle tasse senza incorrere nei diktat di Bruxelles.

– Anche perché i numeri sono di quelli che contano: solo la tassazione sulla casa, tra Tasi e Imu, vale da sola ben 25,2 miliardi di euro. Un’arma potrebbe essere quella di rinegoziare in sede di Commissione europea il margine di deficit, magari portandolo dall’obiettivo dell’1,8% al 2,1-2,2%.

– Le altre vie le conosciamo bene: si va dalla riduzione della spesa pubblica, magari con un nuovo commissario che presenterà il suo piano e che puntualmente non verrà ascoltato; oppure si tratta di agire sul sommerso per incrementare gli introiti dello Stato.

 

ASPETTIAMO, FIDUCIOSI? – Non ci resta che aspettare, a voi se farlo da fiduciosi o da scoraggiati. Dello shock fiscale l’Italia ne ha bisogno, dell’ennesima promessa elettorale fatta per compattare un partito che sta mostrando alcuni segnali di cedimento no…

 

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 Matteo Torti

Foto: wikipedia.org

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